L’ultimissimo show del grande Teo Teocoli si chiama dal Derby al Nuovo ed è un’ennesima esibizione di bravura, vis comica e musicalità. Ci sarà con lui Doctor Beat, una band che suona rythm & blues e che lo accompagna da anni, esaltando i vari personaggi del bel Teo e i diversi ospiti che, a sorpresa, si alterneranno sul palcoscenico del Teatro Nuovo di Milano fino al 18 gennaio. Si chiuderà così un tour iniziato a Bologna un paio di mesi fa e che, con la nuova stagione, potrebbe continuare a girare l’Italia. Teocoli non è solo un uomo simpatico e di bella presenza: ha un carisma tutto particolare e, anche rispondendo a un’intervista, riesce a far sentire l’interlocutore una persona speciale.
Teo, le tue imitazioni sono amatissime. Come ci lavori su?
Osservo con sguardo speciale le persone perché è il dettaglio che fa il personaggio e deve esserci un’ispirazione. Ti deve dare una sensazione forte e va rappresentato senza dire quello che dice lui, come con Celentano, che ride pure lui quando mi sente. Mi chiede: ‘Come ti è venuto in mente di parlare così? Io non ho mai detto niente del genere!’.
La gente ha imparato a divertirsi ascoltandoti a ‘Che tempo che fa’, quando raccontavi tutti aneddoti della tua vita. Fai così anche sul palco?
Da Fabio Fazio in 15 trasmissioni e quasi 3 ore dal vivo ho raccontato quasi tutta la storia della mia vita. Fu un’intuizione nata dopo che un’imitazione di ‘Albertini in Giappone’ per la prima puntata non era venuta tanto bene. Ma poi ho capito che diventavo gelosi del mio privato e, visto che piaceva, ho preferito tenere per me tante storie e usarle a teatro. Qui ricomincio quasi da capo raccontando storie a partire dal vecchio Derby fino ad oggi, qui al Nuovo, ma anche al nuovo Derby. Come sai, sono diventato direttore artistico del nuovo Derby inaugurato pochi mesi fa in via Mascagni, una sfida fantastica.
Sei contento di questi impegni?
Qui ricomincio quasi da capo. Una tournée è una cosa faticosissima ma non avevo scelta, la televisione non mi propone nulla di attraente. Eppure fu proprio parlando del mio incidente in Spagna che ho capito come più scavavo nel mio passato più potevo creare un nuovo spettacolo.
Oggi ti consideri un uomo felice?
Ero più felice un po’ di tempo fa. Oggi ci sono tante cose che non mi piacciono, Si fa più fatica ad andare avanti e si sentono i disagi della gente, con le città che cambiano, che si muovono. E questo influisce sulla vita di un cantastorie, di noi cabarettisti. Così le imitazioni di Moratti, Adriano, Valentino, che hanno sempre fatto sbellicare dalle risate il pubblico, non le sento: oggi preferisco anche un po’ far pensare. Tanto di una cosa sono sicuro: faccio sempre divertire, qualunque cosa dica o faccia.
Insomma, ti senti realizzato?
A 64 anni faccio un bilancio… Ma la gente si diverte comunque e io, dal palco, in un secondo posso decidere di inserire la battuta in tono imitativo e andare. In fondo cosa ho sul palcoscenico? Niente ballerine, niente show o costumi. Anni fa a Torino feci Hair, io volevo diventare un ballerino e fui scelto da Rocky Roberts che mi aveva visto nel musical insieme agli altri 30. Bellissimo.
Invece come sei diventato esperto di calcio?
Con la Gialappa’s, facendo umorismo sullo sport… Proprio quelle frequntazioni mi hanno portato a fare tre anni di campi di calcio e alla fine mi trovo a fare la Domenica Sportiva, sempre con umorismo. Ho conosciuto tanti calciatori e ora molti sono amici, come Del Piero.
Parlaci un po’ dello spettacolo in scena. Com’è?
Dal Derby al Nuovo è un giro di parole: da via Mascagni a piazza San Babila, a farla a piedi sono 300 metri ma, se si torna dallo storico, mitico Derby al Nuovo, che è il Nuovo inteso come Teatro ma anche al nuovo modo di raccontare aneddoti, eccoci nello spettacolo d’oggi.
Hai preso spunto da qualche personaggio in particolare?
Le mie vicissitudini artistiche e di vita si potrebbero esaurire in due battute con la voce di da via Mascagni a piazza San Babila, Cacciamo, nato in un cratere del Vesuvio, luogo sulfureo. Ma qui avrò un ritmo tale per cui il pubblico non avrà neppure il tempo di chiedere.
Vorresti tornare in televisione?
La televisione di oggi non mi ispira ma vorrei fare qualcosa che mi soddisfi, perfino se dovessi guadagnare meno. Di questi tempi mi piace Zelig. La Gialappa’s, qualcosina ancora… ma perché io sono un po’ vecchia maniera: mi piacciono Sordi, Tognazzi.
A teatro a cosa non rinunci?
Alla musica! Mario Lavezzi mi ha seguito quasi in tutta la tournée e insieme andiamo d’accordo. Se invento le parole quanto canto canzoni inglesi è perché non ho mai studiato questa lingua e non la parlo proprio. Perché dovrei imparare a memoria solo certi testi? Le cose mi vengono così… forse anche mia madre imitava gli inquilini di cui era custode!
Ripensi spesso alla tua infanzia e giovinezza?
E’ un modo come un altro per far conoscere una città che non c’è più. I veri cambiamenti, poi, sono invisibili e io, che ho la capacità di notare i dettagli, voglio raccontarli.
Cos’altro vorresti fare?
Vorrei fare un film su Caccamo, ‘L’uomo di Calzone’, quello da mangiare. Sai, non ho memoria per le canzoni in inglese, ma ricordo tutto in italiano. Vorrei trovare una situazione stabile qui a Milano e lavorare sempre in questo nuovo Derby. Se per caso buttassero giù questo stabile e dovessi ricominciare, non lo farei più.
Cosa faresti allora?
Tornerei a fare cabaret nei bar. Oppure tornerei al Corriere, dove ho lavorato dal ’46 al ’49. Facevo la velina.
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